In uno dei miei primi articoli ho spiegato quali sono i possibili ruoli dello psicologo in ambito forense ( https://ceciliapecchioli.it/giuridica/il-ruolo-dello-p…ntesto-giuridico/ ).
Vorrei concentrarmi oggi sulla figura del Consulente Tecnico di Parte (CTP) portando all’attenzione un’esigenza che, a mio parere, sta diventando sempre più impellente.
Come sappiamo, il nostro Codice di Procedura Civile prevede che «Il Giudice Istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.» (art. 201 c.p.c.)
Il CTP, di fatto, non è altro che un libero professionista, di regola operante in un determinato campo tecnico e/o scientifico, al quale una parte in causa -attuale o potenziale- conferisce un incarico peritale in quanto ritiene l’incaricato esperto in uno specifico settore. Non esistono tuttavia particolari preclusioni o indicazioni, nel Codice di Procedura Civile, con riferimento ai CTP, e questo nel corso del tempo ha creato non poche problematiche.
Il Consulente di Parte assume un ruolo fondamentale per la risoluzione di questioni che, sempre più spesso, dipendono da valutazioni di carattere tecnico molto precise, specie quando sono coinvolti dei minori.
A differenza del CTU, che (purtroppo non in tutte le Regioni) prevede un iter formativo ed esperenziale specifico, valutato poi da una apposita Commissione tecnica che approva l’inserimento in un albo dedicato, il CTP non ha regole a cui riferirsi, è lasciato “al caso”.
L’assenza di un protocollo che stabilisca i requisiti per lavorare come CTP ha creato una situazione a dir poco pericolosa, in cui moltissimi colleghi si spacciano esperti essendo “solo” psicologi, e quindi non sanno come muoversi, cosa osservare, cosa contestare, come tutelare il loro cliente e, soprattutto, i minori coinvolti.
Purtroppo, alla leggerezza che molti colleghi dimostrano nel prendere in carico casi per i quali non hanno la dovuta preparazione, si aggiunge la scarsa informazione, che porta il cittadino e/o il legale a scegliere in modo casuale lo psicologo a cui affidare l’incarico, valutandolo in base a conoscenze personali o alla parcella più bassa.
La commistione di questi elementi ha portato, oggi, all’arrivo presso il nostro Ordine di tantissimi esposti a carico di colleghi che hanno svolto attività di CTP senza avere alcuna competenza, ma soprattutto pone i clienti in una condizione di rischo enorme e, purtroppo, a volte anche ad esiti infausti.
Vero è che esistono documenti ufficialmente riconosciuti contenenti “buone prassi” per l’esercizio della professione di psicologo forense, ma questi non sono sufficienti laddove il collega è carente di competenze in materia.
Da anni sostengo la necessità di definire un protocollo che delinei in modo specifico la figura del CTP, alla stregua di quella del CTU: più volte ho portato all’attenzione delle Istituzioni il problema, sottolineando la complessità e la delicatezza di questo lavoro, che è completamente diverso da quello del clinico e richiede necessariamente conoscenze specifiche sulle procedure, sul contesto, sull’operatività.
Nella speranza di trovare la migliore strada per concretizzare la mia proposta tecnica, ritengo doveroso invitare i cittadini e gli avvocati a fare una scelta ponderata dei colleghi a cui affidare un incarico di CTP.
Verificate le competenze del collega che avete individuato. Fatevi inviare il CV, in cui controllare sia la parte formativa (deve esserci almeno un corso in materia di psicologia giuridica) sia la parte esperenziale (chi svolge questa attività, anche se è alle prime armi, ha la possibilità di elencare nel proprio CV i numeri dei procedimenti a cui ha partecipato, anche solo come osservatore o tecnico ausiliario di un CTU o del Tribunale).
Non fatevi abbindolare da parcelle molto basse, il lavoro di CTP ha una durata minima di almeno 3 mesi e si dipana su più livelli di operatività, pertanto è lecito e plausibile che il compenso sia proporzionato all’intensa attività da svolgere.
Non affidatevi a conoscenze trasversali, controllate sempre che anche lo psicologo “amico dell’amico” sia formato in psicologia giuridica.
E, cari colleghi, se volete spendervi in questo settore, formatevi, o quantomeno, fatevi supervisionare da chi ha competenza.