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Danno biologico di natura psichica

La quantificazione del risarcimento del Danno biologico di natura psichica va fatta tenendo conto dell’intensità dell’effettiva sofferenza patita dalla vittima.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione con la sentenza n°29759/2017, secondo cui chi subisce una lesione che lo porta alla morte, anche a distanza di breve tempo, patisce un danno biologico di natura psichica ogni qualvolta abbia percepito in maniera lucida l’approssimarsi dell’esito letale.

Detto in altri termini, l’entità del danno biologico di natura psichica, in questi casi, non dipende dal tempo intercorso tra la lesione e la morte, bensì dall’intensità effettiva della sofferenza che la vittima ha provato.

Quando parliamo di danno biologico, la determinazione della liquidazione viene effettuata facendo riferimento a specifici criteri tabellari.

In casi come questo, invece, il giudice è tenuto ad adeguare tali criteri al caso concreto, procedendo alla cosiddetta personalizzazione.

Nella fattispecie, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Trieste aveva confermato il rifetto della domanda di risarcimento avanzati dagli eredi del defunto, sostenendo la carenza di allegazione e prova in ordine alla condizione di quest’ultimo nell’arco di tempo tra la manifestazione della malattia ed il decesso.

Ma cosa intendiamo per Danno Biologico di natura Psichica?
Il Danno Psichico appartiene alla categoria dei danni non patrimoniali, ovvero di quei danni che non interessano il patrimonio del soggetto, ed è una subspecies del Danno Biologico.
Nel diritto il Danno Biologico viene definito in senso stretto come “lesione dell’integrità psicofisica medicalmente accertabile“. In altri termini, si tratta di un danno alla salute dell’individuo. Quindi qualsiasi lesione o alterazione patologica, nel corpo o nella mente, costituisce un danno biologico.
La lesione fisica (come, ad esempio, la frattura di un osso, la rottura di un tendine, la lacerazione di un muscolo etc) interessa il corpo umano.
La lesione psichica (come, ad esempio, la depressione reattiva, un disturbo ansioso, la psicosi etc) interessa la mente umana.
Entrambe costituiscono una lesione alla salute e perciò sono possibili danni biologici.
Il Danno Psichico può, pertanto, essere definito come una lesione della salute psichica dell’individuo che consiste in un’alterazione patologica dell’integrità psichica e dell’equilibrio di personalità, provocata da un evento traumatico di natura dolosa o colposa, che limita notevolmente ed in maniera durevole l’esplicazione di alcuni aspetti della personalità nel regolare svolgimento della vita quotidiana.
Il Danno Psichico non va confuso con il Danno Morale, che invece rappresenta il “transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima” (Corte Costituzionale, sentenza n°233/2003).
Il Danno Morale rappresenta anch’esso un danno di natura non patrimoniale, ma si concretizza in quel turbamento emotivo subito dalla vittima di un evento dannoso, per il dolore, il disagio e la sofferenza psicofisica che costituisce l’immediata conseguenza dell’evento lesivo e che ha una natura necessariamente temporanea, in quanto dura per un breve lasso di tempo senza compromissione della salute dell’individuo e della sua quotidianità.
Più difficile è comprendere il distinguo tra danno psichico e Danno Esistenziale, perchè un danno psichico spesso può determinare anche un danno esistenziale, ma un danno esistenziale non sempre implica la presenza di un danno psichico.
Il Danno Esistenziale viene definito come la “compromissione della qualità della vita normale del soggetto o uno stato di disagio psichico che non arriva a configurarsi come un quadro clinico patologico” (Pajardi, Macrì, Merzagora Metsos, 2006).
Il Danno Esistenziale consiste, quindi, nel “non poter più fare“, in quanto inficia le azioni realizzatrici della persona umana come i rapporti familiari, affettivi, sociali, le attività di svago, di intrattenimento etc.
Facciamo un esempio per chiarire meglio la questione.
Un soggetto vittima di un sinistro stradale rimane talmente spaventato da non voler più guidare una macchina. L’evitamento della guida potrebbe essere il sintomo di un vero e proprio danno psichico, ma se il timore di guidare non è patologico, nonostante tale conseguenza comporti una riduzione dell’autonomia del soggetto ed un peggioramento della propria qualità della vita, ci troviamo di fronte ad un danno esistenziale, non ad un danno psichico.
Il confine tra queste due tipologie di danno è molto sottile; ciò nonostante, la classificazione di entrambi i concetti nell’ambito del danno non patrimoniale consente comunque di superare le limitazioni concettuali e di ottenere, in ogni caso, un ristoro per il danno subito, quale che sia nel caso concreto la sua qualificazione, purchè il danno venga ovviamente provato in corso di giudizio, così come la sua derivazione causale dall’evento dannoso.
Il danno psichico in quanto danno di natura biologica è pacificamente riconosciuto come risarcibile dalla giurisprudenza, anche se necessita di un’attenta ponderazione sia per quanto attiene all’accertamento della reale sussistenza di tale danno nel caso concreto, sia con riferimento alla quantificazione, e quindi alla valutazione economica del danno stesso.

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