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Inammissibile la CTU “esplorativa”

Una nuova risposta è arrivata dalla Corte Suprema di Cassazione VI sez.civile rispetto agli spazi di manovra dei CTU nell’acquisizione di nuovi elementi (anche solo documentali) utili all’assolvimento dell’incarico.

L’ordinanza 26839/16 ha posto l’attenzione sul limite di un’impostazione troppo ampia che troppo spesso rende la CTU lo strumento per superare il mancato soddisfacimento dell’onere probatorio, trasformando così la sua natura in un contenuto “meramente esplorativo”.

Si legge: “(…) Secondo il consolidato orientamento di legittimità la consulenza tecnica di ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo essa la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, onde non può essere superata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prove, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti e circostanze non provati (principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, primo comma, cod. proc. civi., cfr. Cass. N. 3130 del 08(02/2011). E’ stato anche precisato che al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo in questo caso consentito al ctu anche di acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse (Cass. 3191 del 2006). Né la consulenza d’ufficio può quindi essere utilizzata per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre e la cui ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo, presidiato dall’art. 111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata (cfr. Cass. 8989 del 2011)”.

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